Tra solidarietà
e profitto
Economia di comunione
per 700 imprese nel mondo
Giovanni
e Giuliana Bertagna di Brescia e Jean Luc Besson vallesano, del movimento dei
focolari, fanno un'esperienza imprenditoriale secondo il modello di economia
di comunione: vi proponiamo alcuni passaggi dell'incontro registrato a Caritas
Insieme.
Giovanni Bertagna: era il maggio del 1991, in Brasile la Fondatrice
del Movimento dei Focolari, Chiara Lubich, vedendo l'estrema povertà
intorno alla città di San Paolo ebbe una grossa intuizione: creare delle
aziende con delle persone competenti che le gestissero, che facessero utili
e che questi utili venissero impiegati e distribuiti agli indigenti. Personalmente
questa cosa già nel '91 mi aveva affascinato moltissimo, mi aveva preso
profondamente.
D: Che cosa l'ha affascinato di questa idea, dove sta la novità?
G.B. La novità stava nel fatto che la mia imprenditoria, i miei talenti,
anche modesti sicuramente, potevano essere impiegati per il bene di qualcuno;
che la relazione che io potevo avere con chi collaborava con me poteva essere.
Avevo sempre sognato di avere un'impresa in cui ci fosse per tutti un ambiente
realizzante, che entrando in azienda le persone si sentissero se stesse. Questo
fino a cinquant'anni non avevo mai potuto farlo perché lavoravo in una
holding familiare in cui l'impostazione era diversa. Così ho deciso di
togliermi dall'azienda paterna e fondare, alla fine del '92. con mia moglie
una nuova azienda.
D: Signora Giuliana, a un certo punto suo marito arriva a casa e le dice
che ha capito che bisogna uscire da un'azienda fiorentissima, e ricominciare
tutto da capo perché bisognerebbe avere uno sguardo diverso. Come ha
reagito?
Giuliana Bertagna: Mi ha affascinato l'idea di mettere a frutto i miei talenti.
Inoltre fin da giovane sognavo una giustizia sociale, di arrivare a dare a chi
proprio ha bisogno. Attorno a noi ci sono dei bisogni, ma non i bisogni che
ci sono in Africa, in Brasile, in Asia. E poi mi è piaciuto anche lavorare,
veramente mi sono realizzata. La cosa bella è che facciamo ogni cosa
insieme, con i clienti, con i fornitori, con i nostri dipendenti. Prendiamo
insieme decisioni importanti su come muoverci, cosa fare davanti agli interrogativi
che ci vengono posti, difficili, di coscienza, dove è necessario fare
delle scelte.
D: Le persone che magari per anni hanno visto la vostra impresa, vi hanno
conosciuto, hanno lavorato con voi, come hanno reagito quando avete cominciato
a lavorare in questo modo nuovo?
Jean Luc Besson: Ci sono delle persone che pensano che per loro non sarebbe
possibile, che è solo per gli altri. Abbiamo appeso al muro un piccolo
testo che spiega le basi di questa economia, cioè di questa cultura del
donare. Ci sono state delle reazioni. All'inizio è un piccolo, "shock".
Questa realtà è donata a tutti, anche ai non credenti, perché
questo desiderio di donare è iscritta in ogni persona. E se la prima
reazione è un po' di diffidenza, in seguito le persone restano colpite
dentro.
Giovanni Bertagna: La domanda che uno si fa è: "ma voi come
fate a fare gli utili?". Perché gli utili si possono fare in diverse
maniere e l'impegno nostro è che gli utili vengano fatti in maniera trasparente.
Vogliamo che la nostra azienda sia un'azienda aperta su tutto, anche nella forma
gestionale, anche quando questo comporta dei sacrifici, o la perdita degli ordinativi
perché non è ben chiaro come arrivano. Questa è una caratteristica
molto importante che interessa molto chi collabora con noi. Le ultime due persone
assunte hanno lasciato dei lavori più sicuri per venire da noi proprio
per questo tipo di impostazione, come scelta di vita personale.
D: l'idea è proponibile a tutti?
G.B.: Lidea è proponibile a tutti e noi constatiamo che fa più
presa su persone di buona volontà sensibili a queste problematiche sociali.
E, probabilmente ha presa più su persone che non hanno niente da perdere.
D: Alla fine dell'anno, quando si tirano le somme, nelle vostre imprese che
cosa succede di diverso?
Giuliana Bertagna: La novità, sta nel fatto che questi utili vengono
divisi in tre parti, non necessariamente uguali: una parte viene reinvestita
nell'azienda, una parte viene data per i poveri e una parte per la formazione
di uomini nuovi, ossia una cultura nuova. L'intuizione è di dare comunque
subito, anno per anno. Facciamo anche un bilancio sociale. A volte non ci sono
stati utili, ma abbiamo assunto persone. Uno degli obiettivi è evidentemente
creare lavoro. Un altro utile che non viene contabilizzato, ma che dobbiamo
scopertine/coprire come molto importante è creare un ambiente di sicurezza maggiore
dell'impresa, oppure il rispetto dell'ecologia.
D: Come si fa a tradurre un discorso di questo genere in una azienda agricola
Svizzera?
Jean Luc Besson: Nel campo dell'agricoltura sembrerebbe difficile conciliare
questa libertà con le strutture già messe in piedi. La nostra
industria agricola era già orientata verso questo spirito imprenditoriale.
Penso che sempre di più oggi nella politica agricola si domandi all'agricoltore
di essere un imprenditore. Gli si domanda di impegnarsi nel marketing, di essere
vicino al consumatore, anche rispetto alla concorrenza straniera. Noi avevamo
incominciato già prima, e proprio la realtà dell'economia di comunione
ci ha fatto sentire la necessità di essere vicino al cliente.